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Al Trullo la sesta edizione della Pastasciutta Antifascista di Casa Cervi

Si è svolta ieri presso l’area pedonale di Via di San Raffaele al Trullo – Roma, la sesta edizione de “La Pastasciutta antifascista di Casa Cervi. La Pastasciutta antifascista per la Pace”.

Nel ricordo della prima pastasciutta offerta dalla famiglia Cervi il 25 luglio 1943, celebrando gli 80 anni della caduta del fascismo, anche quest’anno la sezione Anpi Trullo-Magliana Franco Bartolini, con il contributo del Supermercato DOC di via Frattini, si è ritrovata con la cittadinanza per festeggiare tutti insieme, con una buona pastasciutta al sugo, un bicchiere di rosso e una fetta di cocomero questa importante ricorrenza.

Una Festa per raccontare e seminare un altro paese fatto di Pace, Accoglienza, Solidarietà, Uguaglianza; un Paese della Costituzione pienamente attuata; un Paese unito intorno ad una salvezza civile che consideriamo ancora possibile. Non saremmo altrimenti antifascisti ed eredi delle partigiane e dei partigiani.

L’evento si è tenuto in un ampio spazio, presso l’area pedonale di Via di San Raffaele (angolo Via Campagnatico) con le musiche funky della Fanfaroma street band romana, il talking teatrale dell’attrice Ilaria Patamia e del gruppo teatrale dell’Anpi, le testimonianze del Partigiano Mario Di Maio, i suoni folk acustici del Duo Ziomi – Galì.

Una mangiata collettiva per unirci anche a Roma alla rete nazionale della pastasciutta antifascista. Per dirlo con le parole di Papà Cervi: “ La pastasciutta in bollore: il più bel discorso sulla fine del fascismo”.

L’origine della Pastasciutta Antifascista

Alla caduta del fascismo, il 25 luglio del 1943, fu grande festa a casa Cervi, come in tutto il Paese. Una gioia spontanea di molti italiani che speravano nella fine della guerra, nella morte della dittatura. Seguiranno i mesi delle peggiori persecuzioni per il popolo italiano e la Liberazione verrà solo 20 mesi dopo, al prezzo di molte sofferenze. Ma quel 25 luglio, alla notizia che il duce era stato arrestato, c’era solo la voglia di festeggiare.
Da Casa Istituto Alcide Cervi partì uno degli eventi spontanei più originali, con una grande pastasciutta offerta a tutto il paese, per festeggiare, come disse Papà Cervi, il “più bel funerale del fascismo”. Sebbene sapessero che la guerra non era davvero terminata, decisero di festeggiare comunque l’evento, un momento di pace dopo 21 anni di dittatura fascista. Si procurarono la farina, presero a credito burro e formaggio dal caseificio e prepararono chili e chili di pasta. Una volta che questa fu pronta, caricarono il carro e la portarono in piazza a Campegine pronti a distribuirla alla gente del paese. Fu una festa in piena regola, un giorno di gioia in mezzo alle  preoccupazioni per la guerra ancora in corso: anche un ragazzo con indosso una camicia nera (forse era l’ultima rimasta?) fu invitato da Aldo a unirsi e a mangiare il suo piatto di pasta. I Cervi portarono la pastasciutta in piazza, nei bidoni per il latte. Con un rapido passaparola la cittadinanza si riunì attorno al carro e alla “birocia” che aveva portato la pasta. Tutti in fila per avere un piatto di quei maccheroni conditi a burro e formaggio che, in tempo di guerra e di razionamenti, erano prima di tutto un pasto di lusso. C’era la fame, ma c’era anche la voglia di uscire dall’incubo del fascismo e della guerra, il desiderio di “riprendersi la piazza” con un moto spontaneo, dopo anni di adunate a comando e di divieti. Di quel 25 luglio, di quella pagina di storia italiana è rimasto poco nella memoria collettiva. Eppure c’è stato, in tutta Italia e in quella data, uno spirito genuino e pacifico di festa popolare: prima dell’8 settembre, dell’occupazione tedesca, della Repubblica di Salò. Prima delle brigate partigiane e della Lotta di Liberazione. Da più di vent’anni questa festa antifascista, popolare e genuina,
rivive nell’aia del Museo Cervi, mantenendo intatto lo spirito di quei giorni. L’ideale della pastasciutta del 25 luglio ha conquistato così, e continua a conquistare, molti altri territori e comunità, che vogliono riproporre la stessa formula di ritrovo spontaneo e festoso. Per ricordare, e siamo sempre di più a farlo, una data simbolica della nostra storia.

 

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